Era un giorno di fine primavera del 2016 forse in un’altra era di questa terra, prima delle guerre, prima di quei tempi e di quelle parole sinonimo di isolamento, prima di un mondo sempre più chiuso e diviso che sempre più facciamo fatica ad identificare con quello che un giorno avevamo pensato di aver conquistato.
Dopo aver progettato con Antonella un evento speciale per tenere fede al motto dell’associazione Etra, “entra nell’arte”, con mio figlio Enrico partiamo da Montecchio per un viaggio nell’universo dello scultore Giuliano Vangi, dall’altra parte dell’Appennino, ai bordi dell’altro mare sul lato opposto d’italia.
Alla fine del nostro percorso attraverso una Versilia ancora addormentata in attesa della bella stagione arriviamo alla periferia di Pietrasanta, dove Vangi, da tempo cittadino pesarese, possiede un’altra casa ed un’altro spazio per le sue attività di scultore.
Ci aspettiamo una sorta di atelier, uno spazio speciale, elegante, dove l’artista modella le sue creazioni e invece ci troviamo di fronte ad un capannone dall’ingresso ben curato con quest’uomo dagli occhi curiosi che si presta a recitare una piccola scena di benvenuto con il suo simpatico accento del Mugello ancora ben presente.
Dietro la porta si spalanca un universo: è un piccolo edifcio industriale e anche le pareti di grigio cemento dell’interno rispettano le premesse ma subito ti rendi conto di essere di fronte ad un enorme scrigno di tesori, materiali, colori, forme o se vogliamo sogni, idee, pensieri solidificati in sculture e dipinti.
Ad ogni passo in più ogni opera nella sua versione imperfetta o incompleta diventa la quinta di un’altra, di un bozzetto, di un calco. Un enorme catalogo da sfogliare direttamente con l’autore delle opere che racconta dettagli inediti, che spiega i dubbi nati nell’elaborazione di una composizione e ti mostra i passaggi concreti nei disegni preparatori, nelle bozze in creta o nei calchi in gesso.
Le opere di Vangi sono custodite nelle chiese, nelle piazze e negli spazi museali di tutto il mondo ed esiste pure un museo a lui dedicato in Giappone in un locus che ne evoca la grande spiritualità ma questa di Pietrasanta è, ancor di più del suo atelier a Pesaro, una collezione del suo lavoro in divenire, che spiega tanto di come nasce un’opera d’arte che non è soltanto una idea liberata da una gabbia di scorie di pietra o di bronzi fusi o piegati ma il confronto tra se stessi, la propria visione del mondo e dello spazio e il valore che diamo a ciò che ci sta intorno.
Vangi è lì anche per incontrarsi con gli architetti che stavano progettando l’allestimento de “La scultura della memoria”, l’installazione che poi dal 2018 i pesaresi e i turisti potranno ammirare in Piazzetta Mosca: ci spiega il senso di sperimentare con la pietra di Apricena e misura a passi lo spazio di una piazza disegnata sul cemento per ricostruire le proporzioni e i rapporti reciproci delle sculture.
In quei giorni mi divertivo a sperimentare con le riprese a 360 gradi ed ero partito con l’idea di fare degli scatti un po’ particolari insieme a quelli della reflex e qualche piccolo video con lo smarpthone.
E così compio diverse volte il percorso da una scultura all’altra, da un bozzetto ad un tavolo pieno di colori o di attrezzi con diversi strumenti di ripresa e ad ogni passaggio scopro, aiutato dai commenti di Vangi che spiega un segno diverso, un dettaglio che rivela la complessità dei concetti che si fondono nel gesso, nel marmo, nelle mani e nei volti a volte appena accennati di quelle opere o proto-opere nelle varianti che con lo studio e il sapiente uso degli strumenti diventeranno l’opera finale.
Sopra di noi il carro ponte che serve a trasportare le pesanti opere una volta terminate ma anche le finestre interne dell’ufficio che come è normale serve a controllare le lavorazioni in qualunque capannone industriale. Saliamo le scale dove Vangi ci invita a raggiungerlo e ci troviamo ad un’altra piccola sala d’esposizione con modelli di sculture e prototipi in piccola scala.
Al maestro preme mostrarci non solo i suoi lavori esposti quello spazio ma la vista che si gode da quella stanza: sul lato al di là delle finestre che sovrastano il tetto dell’edificio industriale c’è la materia viva da cui ricava l’ispirazione, blocchi che diventano figure, rappresentazioni, gesti immortalati nel marmo delle Alpi Apuane che fanno corona a Pietrasanta.
Il suo sguardo si perde lontano fin su le cave da cui ha scelto i marmi di tante sue opere e dove ha imparato a confrontarsi con le rocce non solo di quei luoghi ma anche del Brasile e dell’est asiatico che tanto lo ama e poi dopo i marmi ci sono le pietre, i graniti, il legno, il bronzo, figure con occhi e denti che ti scavano dentro e combinazioni di colori, superfici, granulosità e venature che nascono prima dalle bozze in creta dei suoi capolavori con le impronte arricciate della manipolazione che gli ha dato forma.
Quella a Pietrasanta non è stata una semplice visita per preparare un incontro ma una grande lezione dI un artista e un maestro che pure con la sua esperienza da insegnante ci ha fatto scoprire la ricchezza di un mondo che è si l’espressione di un talento immaginifico ma anche l’attento studio del rapporto con la realtà con lo spazio di una città, di una piazza, di un edificio sacro e pure con il confronto con se stesso, con i propri dubbi e la propria fede e pure con il male e il bene che si trova in ogni individuo.
Si pensa spesso alla scultura come celebrazione, come memoria di personaggi e eventi da ricordare e Vangi era in grado di rappresentare la gioia di un incontro, la pietà, l’affetto ma allo stesso tempo, e questo rende la sua opera moderna e attuale, sapeva scolpire e modellare la protervia, la sopraffazione, il lato oscuro di una umanità che si affida a sentimenti e strumenti di morte e di dominio e dall’altro la disperazione, il dolore, la sofferenza di chi rimane solo con stesso stesso, nudo sulla terra come un Cristo senza un Padre a cui affidarsi.
Penso che aver conosciuto e magari aver collaborato con Giuliano Vangi sia stato per tanti un dono, mettersi a confronto con la sua disponibilità assoluta, il suo equilibrio, le sue immense doti di artista e di uomo, la sua capacità di trattare qualsiasi materiale per estrarne un significato e un sentimento profondo hanno segnato molti durante la sua vita ma potranno segnare attraverso l’incontro con i suoi lavori la vita di tanti.
Quello che trovate qui è il piccolo filmato che abbiamo montato dalle foto e dalle animazioni ricostruite da immagini fisse a 360 gradi per l’incontro che è seguito alla visita, in collegamento streaming con lo studio dell’artista e la Chiesa della Maddalena.
Ci trovate alcun delle foto e le riprese del luogo di questo racconto e forse anche un po’ dello stupore che abbiamo avuto avvicinandoci al mondo del Maestro entrando dalla porta di servizio nella sua produzione artistica. Spero vogliate perdonare la qualità ma che possiate intravedere un po’ della nostra meraviglia e infinita ammirazione.